Dal distanziamento sociale ad una “distanza altra”

Pensieri odierni sulla pandemia

Noi ci tocchiamo.
Con che cosa?
Con dei battiti d’ali.
Con le lontananze stesse
ci tocchiamo.

Rainer Maria Rilke1

In questa fase collettiva di riavvio delle attività sociali, si sta parlando e si è parlato molto di distanziamento sociale, visto come un insieme di modalità pratiche di difesa considerate necessarie ad una possibile ripresa delle azioni di vita.

Una disposizione normativa che a primo impatto può spaventare, in quanto può rendere ostaggio di atteggiamenti fobici ed essere di ostacolo a movimenti affettivi e gesti di vita più familiari ed abitudinari. Ma poi mi sono chiesta, tutto qui? E’ questo che ci permetterà di proteggere il nostro sentimento di vita, di salvare le nostre esistenze?

Sul piano del rilancio della economia del Paese, ma anche psichica del soggetto qualcosa dell’ordine della distanza può essere di aiuto a rivitalizzarci e ad uscire meno spaventati dallo isolamento impostoci dalla pandemia?

Ed è proprio su questo significante che mi sono soffermata: la distanza. Un significante che spesso viene connotato negativamente, in quanto contrapposto a quello della vicinanza fisica ed emotiva, considerata come unica ed indispensabile forma di nutrimento per la nostra salute mentale.

La questione forse, però, non si gioca direttamente sul piano dei sentimenti, dove, sicuramente, ognuno di noi, nell’isolamento delle proprie abitazioni vissuto durante il lockdown, non si è mai sentito cosi vicino ed empaticamente a fianco al dolore e alle preoccupazioni altrui, in una condivisione collettiva di paure e speranze.

Ma a che cosa si allude quando si cerca la vicinanza nell’altro e a che cosa pensiamo quando si parla di distanza? Sicuramente ognuno saprà rispondere in modi diversi e singolari.

Qualche giorno fa uscendo di casa e trovandomi a parlare con dei conoscenti incontrati per strada, secondo le ormai condivise regole del distanziamento, mi sono fermata a parlare a più di un metro. La riflessione, però, che mi è venuta da fare, una volta ripreso il mio percorso, è stato l’interrogarmi sul senso di una “distanza altra”, personale, soggettiva che ognuno di noi mette nel rapporto e nel modo di stare con l’Altro, a partire dalla relazione con il familiare, il vicino di casa, l’amico etc.

L’etimologia di questa parola di-stare, mi riportava ad un modo di-stare. Un modo di stare-diverso? Ma diverso da cosa?

Ecco ognuno, in fondo, in questo momento, credo che abbia l’opportunità di porsi qualche domanda in più, partendo dal proprio rapporto con l’Altro. Fare i conti, in modo sempre rinnovato e rinnovabile, con quella che Lacan considera il momento logico di separazione simbolica dall’Altro.2 Un processo strutturale attraverso cui il soggetto, segnato dall’entrata alienante nel linguaggio, si confronta con la castrazione, con l’enigma del proprio desiderio per rendere la propria esistenza singolare.

Quindi, questa distanza sociale, che intercorre o dovrebbe intercorrere tra due persone, in questo periodo, credo potrà essere un’occasione per ripensare, in modo soggettivo, il personale modo di-stare con l’Altro a partire dal legame stabilito con gli altri.

Quella distanza che ci protegge da un reale invisibile (quello del coronavirus) che attenta, a nostra insaputa, alla nostra vita, ci può rimandare ad una distanza altra, non dal proprio sentire, ma da qualcosa di necessario per vedere l’altro come separato da sé, da qualcosa di sé che proiettiamo in questo, per scegliere, senza sovrapporci; per cambiare, in modo economico ed umano, le nostre esistenze, di cui tanto ci lamentiamo.

Un limite necessario per interrogare il nostro desiderio di vita. Senza che quella eccessiva vicinanza, che sicuramente, alle volte, è più rassicurante, ci con-fonda con il simile, diventando barriera ed ostacolo ad un incontro soggettivamente più vivibile e vitale.

Loredana Bove

Psicologa – Psicoterapeuta

1 Rainer Maria Rilke (Praga, 1875 –1926), dedica a Marina Cvetaeva sulla prima pagina delle Elegie Duinesi
2 J.Lacan “I quattro concetti fondamentali della psicoanalisi”. Il Seminario, Libro XI, Enaudi, Torino, 2003.

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